Intolleranze Alimentari (2) – QUALI sono e le possibili CAUSE

Le intolleranze alimentari sono dovute ad una “reazione avversa indesiderata” non immunomediata verso uno o più alimenti. Sono caratterizzate dalla comparsa di disturbi prevalentemente a carico dell’apparato gastroenterico, ma con possibile coinvolgimento anche di altri organi quali cute, mucose e apparto respiratorio.  Non devono essere confuse con le allergie alimentari, mediate dal sistema immunitario, che risultano ben diverse e molto più pericolose.

Le intolleranze alimentari sono varie e vengono raggruppate in diverse categorie in relazione alle molteplici cause e/o meccanismi che le determinano. Possono essere dovute a:

  • deficit enzimatici che alterano il metabolismo di alcuni nutrienti
  • sostanze, normalmente contenute negli alimenti, in grado di produrre effetti farmacologici su strutture del nostro organismo
  • additivi alimentari che determinano problematiche con meccanismi ancora non ben conosciuti
  • nutrienti normalmente ben tollerati ma che – a seguito di patologie per lo più intestinali e per la conseguente alterazione, riduzione o scomparsa dei normali meccanismi di difesa – non vengono più correttamente metabolizzati, ovvero digeriti ed assorbiti.  

L’intolleranza alimentare enzimatica

Si tratta di reazioni avverse dovute all’incapacità dell’organismo di metabolizzare determinati nutrienti per assenza o ridotta attività dell’enzima responsabile della loro trasformazione (l’enzima è una molecola che facilita e velocizza le reazioni chimiche dell’organismo). Questi deficit enzimatici possono essere congeniti, già presenti alla nascita oppure che si manifestano gradualmente con il passare del tempo, o secondari comparendo in seguito a patologie specie di tipo gastro-enterico.

  • La più frequente forma di intolleranza alimentare è l’intolleranza al lattosio – zucchero presente nel latte di tutti i mammiferi – dovuta ad un deficit di lattasi. È una proteina localizzata sulla mucosa intestinale in grado di dividere il lattosio nelle sue due componenti: glucosio e galattosio, sostanze che vengono facilmente assorbite. In assenza dell’enzima l’organismo non è in grado di digerire/assorbire il lattosio che, arrivando in quantità elevata nel grosso intestino, fermenta con conseguente produzione di gas, comparsa di gonfiore (meteorismo), dolori crampiformi e scariche diarroiche.
  • Il favismo è un altro esempio di intolleranza enzimatica. Si tratta di una patologia ereditaria molto diffusa legata al cromosoma X, causata da un deficit enzimatico di glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD). L’ingestione di fave porta alla distruzione dei globuli rossi (crisi emolitiche) e conseguente anemia, in quanto il G6PD è contenuto per la maggior parte all’interno di queste cellule del sangue. Lo stesso fenomeno può comunque presentarsi in corso di comuni infezioni o con l’assunzione di alcuni farmaci. Il meccanismo consiste sempre in una marcata azione ossidativa sui globuli rossi.

L’intolleranza alimentare farmacologica

Gli alimenti che consumiamo contengono numerose sostanze chimiche. Alcune di queste si comportano come principi farmacologici producendo caratteristici effetti su strutture del nostro organismo. Quando questo effetto farmacologico risulta significativo determina una reazione avversa con evidenti disturbi clinici, sintomi che si acuiscono e peggiorano con l’assunzione degli alimenti che contengono queste sostanze, manifestandosi quindi l’intolleranza alimentare farmacologica.

Le principali sostanze farmacologicamente attive presenti negli alimenti sono:

  • L’Istamina è la più conosciuta. Ha un ruolo importante nella risposta infiammatoria ed allergica in quanto è un mediatore chimico in grado di causare numerose reazioni all’interno dell’organismo, quali: contrazione della muscolatura liscia, vasodilatazione e conseguente calo della pressione del sangue, aumento della permeabilità dei vasi, incremento della produzione e secrezione di muco, stimolazione della secrezione di acidi gastrici, stimolazione delle fibre nervose, ecc. Si trova, in concentrazioni significative, in numerosi alimenti tra cui formaggi specie a lunga stagionatura, prodotti ittici e tra essi soprattutto quelli conservati in scatola (aringhe, acciughe, sardine, salmone, tonno), vino e le altre bevande fermentate (birra, cola), spinaci, pomodori e concentrato di pomodoro, lievito, frutta secca, crostacei e molluschi, insaccati.
  • Alcuni alimenti vengono considerati istamino-liberatori, cioè facilitano la liberazione dell’istamina presente nelle cellule del nostro organismo. Fra i più importanti si riconoscono uova, crostacei, fragole, pomodori, pesce, cioccolato, carne di maiale, ananas e papaya.
  • La Tiramina si trova in alimenti ricchi di proteine che sono stati elaborati o lasciati a lungo a temperatura ambiente. Presenta un’azione farmacologica per lo più indiretta, stimolando il rilascio di altre sostanze (quali catecolamine e serotonina) che causano vasocostrizione, incremento della frequenza cardiaca e della pressione sanguigna. A livello cerebrale determinano invece vasodilatazione e aumento della permeabilità capillare: la sollecitazione delle terminazioni nervose può causare mal di testa, nausea e fotofobia. Alte concentrazioni di tiramina si possono rilevare in numerosi cibi quali carni elaborate, formaggi stagionati ma anche spalmabili, pesce in scatola (aringhe, acciughe, tonno),  frutta (avocado, uva, ecc.), vino rosso e bianco, insaccati, cioccolato e così via. La quantità contenuta in ciascuno di essi è ovviamente molto variabile in relazione alla catena di produzione, alla conservazione e all’elaborazione.
  • Altre sostanze farmacologicamente attive, presenti in alimenti, sono la caffeina, l’alcol, la solanina (patate), la teobromina (tè, cioccolato), la triptamina (pomodori, prugne), la feniletilamina (cioccolato), la serotonina (banane, pomodori).
  • Mirtilli, lamponi, albicocche, mele, prugne, uva, patate, pomodoro, piselli possono contenere sostanze con un’azione simile a quelle dell’acido acetilsalicilico e quindi essere responsabili di reazioni avverse. La loro effettiva importanza clinica è probabilmente sovrastimata.

L’intolleranza alimentare da causa indefinita

  • Sono reazioni avverse per le quali non è stato ancora possibile dimostrare scientificamente un meccanismo certo. Sono caratterizzate dalla presenza di disturbi molto vari, da lievi a severi, provocate da additivi utilizzati nell’industria alimentare come coloranti, conservanti, addensanti, antiossidanti, emulsionanti, esaltatori di sapidità. Nelle etichette possono essere indicati da un numero di tre cifre preceduto da una E maiuscola. Quelli permessi nell’alimentazione umana sono molti e si stima che ogni persona ne ingerisca, in media, oltre 1 kg in un anno. Tipico è l’esempio del glutammato di sodio (E621), un esaltatore di sapidità che è la causa della cosiddetta Sindrome del Ristorante Cinese.
  • In questo gruppo potrebbero rientrare anche quelle risposte dell’organismo su base psicologica e psicosomatica. Ne sono un esempio gli effetti dovuti all’autosuggestione che si verificano quando si mangia un alimento o una sostanza verso cui si prova avversione o repulsione, la cosiddetta “food adversion”.

L’intolleranza alimentare secondarie

Anche una dieta scorretta può determinare disordini funzionali gastrointestinali, o aggravare patologie enteriche talora silenti, con comparsa di sintomi similari a quelli dell’intolleranza. Un esempio è l’assunzione di cibi ad alto contenuto di fibre e di zuccheri fermentescibili a corta catena (monosaccaridi, disaccaridi, oligosaccaridi e polioli (presenti nei dolcificanti artificiali) definiti dall’acronimo FODMAP.

Alterazioni gastrointestinali organiche e/o funzionali, come ad esempio gastrite, reflusso gastro-esofageo, diverticolite, sindrome dell’intestino irritabile (IBS), sindrome da sovracrescita batterica intestinale (SIBO), possono determinare gonfiore, dolore addominale, alterazioni dell’alvo con diarrea o stipsi. Sintomi quindi sovrapponibili a quelli dell’intolleranza alimentare e per questo, spesso erroneamente, ad essa attribuita.

Si tratta comunque di disordini organici o funzionali che, danneggiando la mucosa intestinale e/o modificando l’ambiente intestinale (microbiota), alterano i fisiologici meccanismi difensivi (funzione barriera, produzione di enzimi) con conseguente intolleranza alimentare secondaria alla patologia di base.